Il Centro Oculistico Quattroelle è nuovamente operativo nel rispetto di tutte le norme di sicurezza necessarie.
Il Personale Medico e di Assistenza è provvisto di adeguati dispositivi di protezione personale e procede regolarmente con la disinfezione di tutto il materiale diagnostico prima e dopo ogni visita.
Un comportamento corretto e rispettoso dei pazienti e del personale è fondamentale per accedere serenamente ed in sicurezza alle prestazioni.
Al di fuori di rimedi artigianali per ptosi palpebrale, come gli occhiali “stampella”, dotati cioè di grucce appiccicate agli anelli per tenere sollevata la palpebra superiore, la chirurgia rappresenta infatti la soluzione più praticata.
Per impostare un’idonea strategia operatoria, oltre alla valutazione delle cause, è fondamentale misurare l’escursione del muscolo elevatore (normalmente almeno equivalente a 15 mm, “buona” quando intorno agli 8 mm, scarsa o nulla sotto i 4 mm) facendo guardare in basso e in alto a muscolo frontale bloccato ed effettuare un esame completo della motilità oculare.
La valutazione ortottica e il bilancio sensoriale sono imperativi nei bambini fino a 7-10 anni (ptosi congenite), in cui l’intervento può rendersi necessario per evitare un difetto di sviluppo della visione, l’occhio pigro, o per prevenire alterazioni di sviluppo della colonna vertebrale secondarie alla posizione viziata del capo e nei casi di ptosio non isolata, bensì associata a deficit vari della motilità oculare, paralisi del 3° nervo cranico, collegamenti aberranti dell’innervazione del trigemino (sindrome di Marcus Gunn, la palpebra si solleva con la masticazione), malformazioni del viso et cetera.
Le forme minori di ptosi palpebrale, con funzione dell’elevatore normale, sono legate perlopiù ad un allungamento o distacco del tendine (aponeurosi) del muscolo elevatore della palpebra e quindi sono gestibili, con approcci minimamente invasivi, riattaccando o accorciando l’aponeurosi al tarso (scheletro semirigido della palpebra).
L’intervento viene eseguito attraverso un taglio di circa un centimetro, occasionalmente un po’ più lungo, in corrispondenza della piega palpebrale superiore, in modo che la cicatrice poi non sia visibile, in anestesia locale , con il paziente sveglio e collaborante, in modo da poter controllare subito il livello e da poterlo modificare fino ad ottenere il risultato programmato. Spesso si cerca di ottenere una lieve ipercorrezione in modo che, con l’assestamento che si ha nei primo due mesi, di cui va avvisato il paziente, si possa ottenere il risultato prefissato.
Nelle ptosi congenite si può intervenire a qualsiasi età, se il rischio per lo sviluppo della vista è alto, con interventi anche non definitivi che servono più alla rapida soluzione del problema visivo che alla correzione estetica definitiva. Più di frequante si aspettano almeno i 5-6 anni perchè il bambino/a sia il più possibile collaborante e perchè la fascia lata (fascia della gamba talvolta utilizzata per l’intervento di sospensione della palpebra) sia ben sviluppata. La scarsa attività del muscolo elevatore della palpebra legata ad una sua malformazione fibritica in questi casi richiede quasi sempre di agganciarlo (sospenderlo) al frontale, quello che ci permette di sollevare le sopraciglia, con una bandelletta di materiale biologico autologo (prelevata cioè dalla fascia lata del medesimo paziente) o sintetico (filo di silicone o bandelletta di goretex). In basso, questa viene fissata al tarso, fatta passare sotto al sopracciglio e ancorata in alto e in profondità, al muscolo frontale. Si esegue attraverso un’incisione a livello della piega palpebrale superiore e tre piccole incisioni sulla fronte. Scopo dell’intervento è quello di aiutare il sollevamento della palpebra sfruttando il movimento del sopracciglio, cosa che spesso spontaneamente già si verifica. Nelle forme unilaterali spesso il risultato estetico con questo intervento è meno soddisfacente.
Le ptosi di eziologia neurogena (deficit di un nervo crenico) e miogena (malattia dei muscoli), hanno spesso una funzionalità dell’elevatore scarsa per cui si preferisce affrontarle con la sospensione al frontale con filo di silicone. Nelle ptosi conseguenti a traumi è bene attendere la stabilizzazione della situazione prima di valutare la eventuale necessità ed il tipo di correzione chirurgica, spesso si assiste a cospicui miglioramenti.
L’entità della ptosi palpebrale si misura con un righello millimetrato, contando in millimetri la distanza tra il margine palpebrale superiore ed il riflesso sulla cornea prodotto da una piletta puntata verso il paziente (MRD: Margin Reflex Distance), con la testa tenuta diritta e guardando diritti di fronte a se. Nel soggetto normale, il margine palpebrale superiore copre simmetricamente la giunzione tra bianco dell’occhio e iride (limbus) per 1-2 millimetri, quindi l’MRD è tra 3 e 4 millimetri.
Tanto minore è l’MRD tanto maggiore è la ptosi da quel lato. Con un MRD che è di 0 millimetri od inferiore iniziano ad esserci serie difficoltà visive per la marcata riduzione del campo visivo soprattutto verso l’alto.
L’eventuale posizione della piega palpebrale superiore (il solco in cui la pelle si introflette quando gli occhi si aprono, normalmente a circa 1 centimetro dal bordo palpebrale) può indicare la disinserzione dell’aponeurosi, se molto più alta, o la scarsa funzione dell’elevatore, se assente.
La ptosi palpebrale o blefaroptosi, è l’abbassamento della palpebra superiore oltre il livello fisiologico (Figura 1), detta anche palpebra cadente.
Le conseguenze della ptosi palpebrale sono prevalentemente estetiche: disturba l’aspetto sonnolento, con asimmetria del viso più o meno pronunciata, gli atteggiamenti compensatori del sopracciglio inarcato in alto, la testa proiettata all’indietro e il mento in su anche se, talora, un senso opprimente di “peso” e disturbi più o meno accentuati del campo visivo superiore e laterale aggiungono motivazioni funzionali al ricorso alla soluzione chirurgica.
Diversa è la pseudoptosi (Figura 1c) legata ad una piega di cute rilassata che può arrivare fino alla base delle ciglia od anche talvolta a superare il margine palpebrale (dermatocalasi). In questi casi la funzionalità della palpebra è normale ed il problema viene risolto con una blefaroplastica funzionale. Occasionalmente entrambi i problemi possono coesistere, in questi casi si può pensare di combinare una blefaroplastica con l’avanzamento dell’aponeurosi dell’elevatore.
Le cause della ptosi palpebrale, o palpebre cadenti, sono da ricercarsi in diversi fattori:
▪ congenite (prevalentemente da alterazione dello sviluppo del muscolo elevatore)
▪ aponeurotica (come nelle forme involutivo-senili, da lenti a contatto semirigide, da protesi oculare)
▪ meccaniche (traumi e forti gonfiori persistenti)
▪ neurogene (deficit dei nervi cranici congeniti o acquisiti)
▪ miogena (miopatia mitocondriale, miastenia grave)
Figura 1. Ptosi palpebrale acquisita (a): l’aspetto esteticamente asimmetrico dipende dal margine della palpebra superiore destra, che copre per 4-5 millimetri la parte colorata dell’occhio. A sinistra, è normalmente sui 2 millimetri. Pseudoptosi da Dermatocalasis (eccesso di cute) bilaterale (b), più pronunciato a sinistra dove interferisce con la vista, nascondendo le ciglia e coinvolgendo la metà superiore della pupilla.